Background
La Nigeria, ex colonia britannica, ha raggiunto recentemente la sua indipendenza, nel 1960. Nonostante ciò, la Nigeria è oggi uno dei Paesi leader della Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale (ECOWAS) e membro dell'Unione Africana e del Commonwealth delle Nazioni. È lo Stato più popoloso dell'Africa, con 150 milioni di individui appartenenti a circa 250 gruppi etnici diversi. Nel 1999, dopo tre decenni di governi militari, la Repubblica Federale della Nigeria ha iniziato il processo di democratizzazione ancora in corso.
La Repubblica Federale è stata definita "Paese di forte emigrazione" fin dagli anni '80, a causa della depressione economica causata dal secondo shock petrolifero, che ha contribuito all'acuirsi dei conflitti sociali, soprattutto nelle zone di confine. La corruzione strutturale e la violenza diffusa sono i nodi problematici che da decenni minacciano lo Stato africano, la cui situazione è stata ulteriormente aggravata dalla nascita, nel 2002, di Boko Haram, un'organizzazione terroristica che controlla l'area nord-orientale del Paese, e principale attore della tratta di esseri umani e dello sfruttamento sessuale, nonché causa di numerosi massacri nel territorio. Il Paese è infatti teatro di atti violenti, perpetrati da cellule terroristiche, gruppi armati e dalla Special Anti-Robbery Squad (SARS), un'unità di polizia che si occupa di crimini come il rapimento e la rapina, come denunciato dal 2017 da attivisti internazionali e nigeriani impegnati nella difesa dei diritti umani. Già nel 2014, la SARS era sotto i riflettori di Amnesty International per le atroci violazioni di diritti umani, quali, tortura, stupri, maltrattamenti ed esecuzioni extragiudiziali. Inoltre, negli ultimi anni, Human Rights Watch ha fornito prove delle condizioni degradate, disumane e abusive delle strutture psichiatriche e ospedaliere del governo. La Nigeria è anche tristemente nota come "Paese di origine, di transito e di destinazione delle vittime della tratta", soprattutto di donne e bambini, con 1890 vittime salvate nel 2017. Il fine ultimo della tratta verso l'Europa è principalmente lo sfruttamento sessuale, infatti, secondo l'OIM, "si stima che l'80 per cento delle ragazze che arrivano in Italia dalla Nigeria, la maggior parte delle quali ha tra i 13 e i 24 anni, siano potenziali vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale". Per quanto riguarda la tratta interna, le ragioni individuate riguardano lo sfruttamento del lavoro domestico, del lavoro agricolo e la prostituzione, ma anche il matrimonio forzato e l'utilizzo di bambini soldato e il prelievo di organi.
Nel contesto di cooperazione volto al rispetto e alla protezione dei diritti umani e alla lotta per porre fine alla tratta di esseri umani, sono coinvolte sia l’UE che l’Italia e, nonostante esista da diversi anni, è ancora in fase di elaborazione. Per quanto riguarda i rapporti tra Italia e Nigeria, lo Stato africano è viene inserito tra gli Stati subsahariani di origine e/o di transito dei flussi di immigrazione clandestina con i quali l'Italia ha avviato progetti per lo sviluppo di forme di cooperazione rafforzata. In particolare, l'accordo del 2009 tra il Prefetto Capo della Polizia italiana Antonio Manganelli e il Capo della Polizia nigeriana Mike Mbama Okiro mira a istituzionalizzare forme di cooperazione tra i due Stati per combattere l'immigrazione clandestina, la tratta di esseri umani, la prostituzione e il traffico di droga. Tuttavia, il testo di questo accordo non è stato ancora reso pubblico.
La Nigeria è il principale partner economico dell'Italia nell'Africa subsahariana, e i due Paesi, impegnandosi ad affrontare direttamente le questioni della criminalità e del traffico di esseri umani, hanno recentemente concluso diversi accordi in materia, in particolare il Trattato di estradizione, l'Accordo sull'assistenza reciproca in materia penale e l'Accordo sul trasferimento dei condannati. Questi accordi, conclusi nel 2016 e poi ratificati nel 2019, hanno l’obiettivo di contrastare il potere della mafia nigeriana, i cui principali clan Black Axe, Eye e Maphite, sono attivi in modo significativo anche nei territori italiani.
Per quanto riguarda la cooperazione con l’UE, il dialogo tra Europa e Nigeria è recente e ambizioso. Nonostante l'adesione alla Convenzione di Cotonou del 2000, la prima forma di cooperazione tra le parti è la (non rivelata al pubblico) Joint Way Forward 2009 UE-Nigeria, che rafforza sia la cooperazione politica che quella tecnica. Infatti, ai sensi dell'articolo 13 della Convenzione, la Joint Way Forward richiede una cooperazione più sistematica tra le Parti. In risposta a questa richiesta, l'Accordo di Lavoro del 2012 istituisce la cooperazione operativa tra Frontex e il Servizio Immigrazione Nigeriano. Questo accordo, che non è considerato un accordo internazionale (parte 6), promuove il coinvolgimento delle autorità nigeriane nelle operazioni di rimpatrio congiunte di Frontex (parte 4.9). Un quadro generale che disciplina i rapporti tra Nigeria e Europa è dato dalle Agende Comuni sulla Migrazione e la Mobilità del 2015, le cui principali priorità nel campo della migrazione irregolare sono la prevenzione e la lotta contro la migrazione irregolare, lo sradicamento del traffico di esseri umani e la promozione della protezione internazionale. La sua attuazione richiede l'adozione di strumenti sia politici che giuridici, tra cui piani d'azione di figure, visti e accordi di riammissione. Dal punto di vista politico, un esempio di rilievo è il Piano d'Azione Regionale 2015-2020 per il Sahel. Tuttavia, la dimensione giuridica non ha avuto sviluppi significativi, poiché i negoziati per un accordo di riammissione europeo sono ancora in corso.
Procedura
L'Accordo è stato firmato il 12 settembre 2000 a Roma e successivamente ratificato dal Presidente della Repubblica: l'accordo è entrato in vigore il 12 giugno 2011 con la procedura solenne "presidenziale".
Parti
Il Governo della Repubblica Federale della Nigeria e, per conto del Governo italiano, il Sottosegretario al Ministro degli Affari Esteri Rino Serri.
Base giuridica
L'Accordo è considerato autolegittimante e rappresenta quindi la propria base giuridica, considerate la sua forma solenne e della sua ratifica.
Obiettivi
L'accordo mira a combattere efficacemente l'immigrazione clandestina attraverso l'agevolazione del rimpatrio delle persone che si trovano illegalmente in una delle Parti Contraenti e a trattare tali persone con dignità e nel rispetto dei loro diritti, come stabilito dalla Convenzione sullo Status di Rifugiato del 1951 e dal suo Protocollo del 1967.
Contenuto
L'Accordo è strutturato in un Preambolo in cui vengono evidenziati gli obiettivi e diciannove articoli.
I seguenti articoli sono da tenere in considerazione:
L'Articolo III, in base al quale ciascuna Parte Contraente, comprovata la cittadinanza e su richiesta dell'altra Parte, ammette chiunque non sia idoneo ad entrare o a risiedere nel territorio dello Stato della Parte Contraente richiedente (paragrafo 1); il motivo di tale richiesta deve essere indicato nella lettera di richiesta (paragrafo 3).
L'Articolo IV prevede che la procedura di rimpatrio avvenga senza il rilascio di un documento di viaggio se l'interessato è in possesso di un passaporto nazionale o di un documento di viaggio internazionale riconosciuto e aggiornato (comma 1).
L'Articolo V, secondo il quale la persona da rimpatriare deve essere identificata ed emettere un documento di viaggio qualora non siano presenti documenti riconosciuti a livello nazionale (comma 1), e il rilascio di tali documenti deve avvenire entro due o quattro giorni lavorativi dal giorno del ricevimento dei suddetti documenti (comma 2).
L'Articolo VI prevede la possibilità per le autorità della Parte Contraente Richiedente - nei casi in cui non sia possibile ottenere i documenti necessari per stabilire la cittadinanza della persona interessata, ma esistano prove che consentano di presumere la cittadinanza - di chiedere agli uffici diplomatici e consolari di assistere all'accertamento della cittadinanza della persona attraverso un colloquio entro cinque giorni dalla data di ricevimento della richiesta (comma 1.a). Il colloquio avviene nel luogo in cui si trova la persona e, ove ciò non sia possibile, si svolge in qualsiasi luogo conveniente (b). Il risultato del colloquio deve essere comunicato alla Parte Richiedente entro un periodo di tre-cinque giorni (c), e, in caso di conferma positiva della nazionalità della persona, deve essere rilasciato un documento di viaggio valido per trenta giorni (d).
L'Articolo X stabilisce che il rimpatrio effettuato nell’applicazione dell'Accordo non pregiudichi la possibilità per l'interessato di rientrare nel territorio della Parte Contraente che ha presentato domanda di riammissione se lo stesso non è stato rimpatriato a seguito dell'adozione di un provvedimento di espulsione.
L’Articolo XI, chiarisce che l'Accordo non pregiudichi i diritti e gli obblighi assunti dalle Parti Contraenti nell'ambito di accordi, trattati, convenzioni o protocolli internazionali.
L’Articolo XVI, con il quale il Governo della Repubblica Italiana garantisce, nei limiti delle sue capacità e delle sue risorse, assistenza al Governo della Repubblica Federale della Nigeria con assistenza tecnica in materia di immigrazione (comma 1.a), strutture di formazione per l'immigrazione nigeriana e per i funzionari consolari (b), cooperazione nel campo del controllo dell'HIV/AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili nell'ambito del processo di reinsediamento e di integrazione nella società dell'interessato (c).
L'Articolo XVIII prevede che le Parti Contraenti non ricorrano a forza eccessiva, tortura, trattamenti crudeli, inumani o degradanti nell'attuazione dell'accordo.
Disposizioni finali
L'Accordo è entrato in vigore trenta giorni dopo l'ultima lettera di notifica con la quale le Parti Contraenti si sono informate reciprocamente circa il rispetto delle loro norme costituzionali interne.
L'accordo può essere denunciato da una delle Parti Contraenti con un preavviso di sei mesi all'altra Parte.
Alla risoluzione dell'Accordo, le sue disposizioni e le disposizioni di eventuali protocolli separati, accordi o accordi complementari stipulati a tale riguardo, continuano a disciplinare tutti gli obblighi ancora in vigore e quelli esistenti assunti o connessi in virtù di esso, e tali obblighi devono essere rispettati fino al loro adempimento.
Casi e diritto derivato
Oltre ai corsi formativi previsti e denominati dal presente Accordo, l'Italia ha svolto diversi corsi di formazione per le forze di polizia che operano nell'Africa subsahariana nell'ambito delle Missioni Militari Internazionali del 2016. Pur essendo operazioni bilaterali, la questione è stata affrontata con un approccio regionale. Infatti, la missione che opera in Niger può prevedere l'intervento nei Paesi limitrofi, richiedendo quindi l'addestramento delle forze di polizia al di fuori del Paese che fa parte della missione militare.
Nell'ambito delle Missioni Internazionali 2020 condotte dall'Italia, il Governo ha assegnato al Golfo di Guinea (Nigeria, Ghana, Costa d'Avorio) un dispositivo aereo-navale, per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza della regione.
Questioni critiche
L'Accordo, concluso dal Governo Italiano nel 2000, è stato ratificato dal Presidente della Repubblica solo alcuni anni dopo, nel 2011. Inoltre, è stato concluso secondo la procedura presidenziale (Art. 87 Cost.), quindi senza il coinvolgimento del Parlamento (Art. 80 Cost.). Osservando il contenuto dell’Accordo, la natura politica appare flagrante, sollevando quindi dubbi sulla compatibilità della procedura adottata con i vincoli costituzionali.
Il significativo ritardo nella ratifica solleva dubbi su un'eventuale applicazione provvisoria, la cui mancata menzione esplicita nel testo dell'Accordo sarebbe incompatibile con il diritto dei Trattati. Nonostante l’assenza di statistiche esaustive e di trasparenza dei dati, vi sono prove di rimpatri effettuati dall'Italia nel 2006, cioè prima della ratifica dell'Accordo del 2000 e prima dell'adozione dell'Accordo del 2009. Inoltre, i rimpatri sono avvenuti anche nel 2010, l'anno compreso tra l'adozione del progetto pilota del 2009 e la ratifica del Trattato del 2000. Ciò sembra suggerire che l'accordo del 2000 sia stato applicato provvisoriamente fino al 2011, nonostante la mancanza di un riferimento esplicito nel testo dell'accordo.
L'Accordo del 2009, che rafforza il potenziamento delle capacità delle autorità nigeriane, sembra essere stato adottato sulla base dell'accordo del 2000. L'Accordo del 2000 prevede tuttavia l'adozione di protocolli/intese integrative, mentre il progetto pilota del 2009 sembra rientrare in una strategia italiana applicata orizzontalmente ai Paesi di origine e di transito. L'Accordo del 2009 non costituisce quindi un protocollo aggiuntivo, ma un trattato autonomo e indipendente.
Secondo l'Articolo XI, il presente Accordo non pregiudica gli obblighi internazionali derivanti da convenzioni, trattati e protocolli internazionali. Nonostante la mancanza di un riferimento esplicito, questo articolo sembra fare riferimento agli obblighi in materia di diritti umani che le parti si sono impegnate a rispettare. Inoltre, l'Accordo include una clausola di salvaguardia (Art. XVIII) in relazione alla proibizione della tortura e dei trattamenti inumani. Ciò che colpisce maggiormente è la formulazione di questa clausola, perché si differenzia notevolmente dalla formulazione comune utilizzata in altri accordi. Questo articolo non fa generalmente riferimento alla proibizione di questi ultimi in virtù di obblighi internazionali, ma prevede che le Parti si impegnino a non ricorrere alla violenza, alla tortura, a trattamenti disumani e degradanti, alla crudeltà. Questa scelta passerebbe facilmente inosservata in altri accordi. Tuttavia, alla luce dell'uso diffuso della violenza nel Paese e dei frequenti abusi commessi dalle forze dell'ordine, questa formulazione assume un altro significato: riconosce la necessità di proibire esplicitamente queste pratiche aberranti e disumane, in quanto potrebbero essere utilizzate. Questa constatazione è particolarmente preoccupante alla luce dell'assenza di un meccanismo di controllo sulle attività svolte dalle autorità governative, soprattutto dopo il rimpatrio.