Background
Procedura, base legale e obiettivi
Contenuto
Casi e diritto derivato (applicazione)
Aspetti critici
Background
L’accordo tra Italia ed Egitto è paradigmatico di un’effettiva ed efficace lotta contro l’immigrazione irregolare. Negli ultimi anni, infatti, migliaia di cittadini provenienti da paesi terzi sono stati riammessi in Egitto dall’Italia, mentre centinaia di migranti in transito sono stati rimpatriati dal territorio egiziano con il supporto delle autorità competenti italiane. È importante considerare come la situazione precedente l’accordo fosse caratterizzata da un rapido aumento del numero di egiziani arrivati irregolarmente sul territorio italiano: il Middle East Institute registra un incremento iniziale da 102 migranti nel 2003 a 8.782 (2004), raggiungendo infine i 10.288 nel 2005.
La collaborazione tra l’Italia e l’Egitto, per quanto riguarda la politica di immigrazione, venne stabilita per la prima volta con l’Accordo di cooperazione in materia di flussi migratori bilaterali per motivi di lavoro. Quest’ultimo, concluso in forma semplificata, è stato siglato tra i governi dei suddetti Paesi al Cairo il 28 novembre del 2005. Le relazioni tra i due Paesi vengono successivamente consolidate attraverso la stipulazione, avvenuta il 9 gennaio del 2007, dell’Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba d’Egitto in materia di riammissione.
In particolare, il contenuto dell’Accordo in esame concerne il rimpatrio di immigrati irregolari di cittadinanza egiziana che, dopo essere giunti presso l’isola di Lampedusa, vengono trasferiti direttamente all’aeroporto di Catania, indicato come scalo-tecnico, per poi essere rimpatriati nello Stato di provenienza dove, una volta giunti, divengono oggetto di detenzione e violenza. Dal momento che le autorità di pubblica sicurezza non controllano la nazionalità dei richiedenti asilo si può ipotizzare che l’Accordo si applichi anche nei confronti di coloro i quali provengono da altri Paesi. Lo stesso Prefetto Ronconi ha riferito che rimpatrieranno tutti gli egiziani senza fare ricorso alle impronte digitali. Quest’ultimo sottolinea anche la possibilità di applicare l’Accordo nei confronti di persone erroneamente rimpatriate.
Nel gennaio 2007, l’Italia è diventato il primo paese membro UE a concludere un accordo bilaterale di riammissione con l’Egitto.
Procedura, base legale e obiettivi
L’accordo è stato concluso in forma semplificata fra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica Araba d’Egitto, e firmato a Roma il 3 gennaio 2007. La base legale è costituita dagli articoli 68 e 69 dell’Accordo di partenariato tra EU-Egitto entrato in vigore il 1° giugno 2004 e l’Accordo bilaterale Italia-Egitto sulla cooperazione di polizia, firmato il 18 giugno 2000 ed entrato in vigore il 18 gennaio 2005. In aggiunta, vi è il Protocollo esecutivo dell’accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Araba d’Egitto in materia di riammissione (Roma, 3 gennaio 2007).
L’Accordo bilaterale punta a (i) rafforzare la cooperazione reciproca fra le Parti Contraenti, (ii) contrastare più efficacemente l’immigrazione irregolare e (iii) stabilire i criteri riguardanti le procedure di riammissione di ciascuna Parte Contraente su richiesta scritta dell’altra Parte Contraente.
Contenuto
Articolo 2. Procedura di riammissione: Ciascuna Parte riammette (su richiesta dell'altra Parte) i propri cittadini che non soddisfino i requisiti della legislazione sull'immigrazione in vigore in ciascuna Parte Contraente, a condizione che siano cittadini dello Stato che riceve la richiesta. Questo avviene attraverso una delle seguenti modalità: a) in caso di prova della nazionalità (art. 4-1), riammissione in 7 giorni lavorativi dalla domanda anche senza risposta scritta della Parte richiesta b) in caso di prova presunta della nazionalità (art. 4.2) la Parte richiesta risponde entro 21 giorni lavorativi, se richiesta include la prova e informazioni. Richiesta accettata anche senza risposta scritta della parte richiesta c) Se non vi è nessuna prova di nazionalità, la Rappresentanza diplomatica dello Stato che riceve la richiesta, con assistenza della Parte richiedente, intervista la persona da riammettere entro 5 giorni lavorativi. Lo Stato deve quindi rispondere entro 30 giorni lavorativi. Se alla scadenza non è ancora pervenuta una risposta, la richiesta non accettata. Se c’è nuova prova la Parte richiesta esamina la nuova richiesta di riammissione. Lo Stato che riceve la richiesta rilascia documenti di viaggio per la riammissione accettata. Se la riammissione viene accettata dallo Stato che riceve la richiesta, la relativa procedura avviene tramite canali diplomatici decidendo numero, date, voli.
Articolo 3. Riammissione errata: La Parte richiedente riammette immediatamente persone riammesse dalla Parte richiesta secondo art. 2 se la persona non è cittadino della Parte Richiesta.
Articolo 4. Mezzi per dimostrare cittadinanza: Qualsiasi documento originale valido è considerato una prova di nazionalità. (Certificati di Nazionalità; Carte di Identità; Altri documenti ufficiali che menzionino la nazionalità). Inoltre, ciascuno dei seguenti documenti, rilasciati dalle Autorità competenti, sarà considerato una prova presunta a) Passaporti, documenti di viaggio e tutti all'Articolo 4-1 di questo Accordo, se scaduti; b) Fotocopie dei passaporti, dei documenti di viaggio e di tutti i documenti elencati nell'Articolo 4-1 di questo Accordo. c) Patente di guida, o relativa fotocopia. d) Certificato di nascita o relativa fotocopia. e) Certificato militare o relativa fotocopia. f) Qualsiasi altro documento ufficiale che possa contribuire ad accertare la nazionalità.
Articolo7. Passaggio in transito: Illustra le modalità relative al passaggio in transito dei cittadini di paesi terzi sul territorio della Parte Richiesta e le informazioni relative al contenuto della richiesta scritta presentata dalla Parte Richiedente. Precisa in seguito che deve essere assicurata sia l’approvazione del transito attraverso altro eventuale Stato terzo sia la riammissione nello stato di destinazione. Dispone che la Parte Richiedente senza indugio o formalità alcuna riammette nuovamente i cittadini stranieri presi in carico, in caso in cui l’ammissione nello di destinazione non sia più effettivamente garantita. In conclusione, al comma secondo, è stabilito che la Parte Richiesta comunicherà a quella Richiedente per iscritto la propria decisione favorevole in caso di ingresso o in alternativa le sue ragioni in caso di rifiuto così come disposto nell’allegato Protocollo Esecutivo.
Articolo 11. Clausola non pregiudizievole: Decreta la conformità dell’Accordo in esame ai diritti, obblighi e responsabilità delle Parti Contraenti al diritto internazionale e, nello specifico, alla Convenzione del 28 luglio 1951 e al Protocollo del 31 gennaio 1967 sullo status dei rifugiati. Al comma secondo è inoltre precisato che l’Accordo non preclude in alcun modo la riammissione di un cittadino delle Parti Contraenti in caso di emergenza e necessità sulla base di quanto previsto nel Protocollo accluso.
Casi e diritto derivato
In merito al panorama giurisprudenziale e di diritto positivo posteriore all’entrata in vigore dell’Accordo bilaterale tra Italia ed Egitto, al fine di affrontare la crisi migratoria acuitasi a partire dal 2015, anche le Parti Contraenti dell’Accordo le loro policies in materia migratoria hanno consolidato il percorso precedentemente tracciato dalla European Agenda on Migration e dall’European Partnership Framework with Third Countries. Un esempio di simile evoluzione in materia di policy migratoria è rappresentato dall’Accordo concluso tra il Governo Italiano e il Governo Tunisino nell’aprile del 2011 (il cui testo, peraltro, non è stato ancora reso pubblico).
Infine, pare opportuno fare riferimento al primo precedente in materia di espulsioni collettive illegittime: la causa Sharifi e Altri contro Italia e Grecia (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 21 ottobre 2014 - Ricorsi n. 16643/09) riguardante la riammissione non registrata e indiscriminata degli stranieri verso il territorio ellenico.
Aspetti critici
L’accordo in esame è stato stipulato in forma semplificata dai Governi delle due parti contraenti, senza rispettare i requisiti previsti agli articoli 80 e 87 della Costituzione. Inoltre, l’articolo 2 relativo alla “Riammissione dei cittadini delle parti contraenti” presenta determinate problematiche in riferimento al diritto internazionale. La procedura di riammissione dell’accordo mostra delle incongruità rispetto agli articoli 6 e 13 della CEDU e all’articolo 47 della CDFUE che garantiscono il diritto ad un rimedio e ad un giusto processo.
Altro aspetto problematico concerne l’articolo riguardante la “riammissione dei cittadini delle parti contraenti” nel quale si prevede che esse “concordano sul numero di persone da riammettere come pure sul numero e sulle date dei voli da effettuare”. Si può individuare una grave violazione dell’articolo 4 del Protocollo 4 allegato alla CEDU che sancisce il divieto di espulsioni collettive di stranieri. Inoltre l’accordo è stato applicato nei confronti dei minorenni in violazione dell’articolo 19 del Testo Unico sull’immigrazione, n. 286 del 1998.
Per ciò che concerne l’analisi della Parte terza dell’Accordo in esame, si riscontrano delle incongruità relative al contenuto dell’articolo 7. Quest’ultimo dispone i requisiti procedurali inerenti al passaggio in transito per i cittadini di paesi terzi. Nel merito del comma primo della suddetta disposizione, alla lettera d) è previsto che la parte richiedente “senza indugio e senza ulteriori formalità” riammetta i cittadini stranieri cui sia stato concesso il passaggio in transito, “se per qualsiasi ragione l’ammissione nello stato di destinazione non sia più assicurata”. In relazione a quanto previsto si evidenzia una potenziale violazione dell’articolo 19 comma 2 della CDFUE nella parte in cui prevede che, in caso di espulsione o allontanamento, debbano essere verificate le condizioni nelle quali il soggetto si troverebbe nello stato di destinazione.
Un altro profilo di dubbia legittimità del testo dell’articolo 7 lettera d) riguarda la sua compatibilità con il primo comma dell’articolo 2 del Testo Unico sull’immigrazione (D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) e, per suo tramite, con l’articolo 13 della Costituzione della Repubblica Italiana. In particolare, la norma di legge prevede che lo straniero che transiti nel territorio nazionale debba necessariamente godere dei diritti fondamentali della persona previsti dalle norme di diritto interno e dall’ordinamento internazionale. La previsione contenuta nell’articolo 7 dell’Accordo viola appunto la necessità di sussistenza di un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria inerente a qualsiasi caso di restringimento del principio costituzionale di libertà personale.
Nonostante quanto riportato entro la clausola non pregiudizievole (art. 11, Accordo di cooperazione fra il governo della Repubblica Italiana e il governo della Repubblica Araba di Egitto in materia di riammissione), il disposto della lettera d) del suddetto articolo non sembra conformarsi al testo dell’articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951. Tale norma prevede infatti un divieto di respingimento dello straniero verso i paesi “in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”, come appunto l’Egitto. Dal momento che la riammissione prevista entro i confini dell’articolo 7 lettera d) è contemplata “senza indugio”, si esclude a priori qualsivoglia attività di verifica della Parte Richiesta sulle condizioni effettive a cui sarebbe sottoposto il migrante nel territorio di quella Richiedente.